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La pelle ha una memoria, ricorda i traumi che ha subìto ed il neo è il frutto di quel trauma. L’epidermide è quindi in grado di qualificare esattamente il punto in cui il sole l’ha scottata, e ricordarlo per tutta la vita, attraverso quel puntino nero che tanti considerano un vero vezzo. Più grande o più piccolo a seconda dell’entità del dolore, con rotondità definite o dai contorni sfumati.

E l’anima? Siamo in grado di ricordare con questa precisione? La memoria dell’anima a volte sembra molto più labile, forse la definizione è meno netta, ma la sensazione di dolore molto più forte. La scottatura sulla pelle con il tempo sbiadisce, quella dell’anima cambia per sempre la percezione di noi stessi nel mondo.

Cosa resterebbe di un adulto, se il suo Sentire rimanesse lo stesso Sentire della sua infanzia? Le azioni, i movimenti, le reazioni, i gesti, sarebbero gli stessi? Davvero l’Esperienza è formativa? O forse è una deviazione dal Sentire originale? Se è vero che ogni essere è in relazione a ciò che vive (al mondo che percepisce), cosa succederebbe se tutti fossimo semplicemente più ingenui? Esiste il Candore? E l’Innocenza?”

Su queste domande si apre Solo Fiori, l’EP con cui Paolo Benvegnù torna sulla scena dopo tre anni dall’ultimo album di inediti Dell’odio dell’innocenza.

Ad aprire il disco Italia Pornografica, perfetta fotografia del Belpaese, che ci ricorda, se ancora ci fosse bisogno, l’importanza e la cardinalità della poetica di Benvegnù nell’universo cantautorale italiano. Un brano che sottolinea le contraddizioni e i mezzucci di cui siamo spettatori ogni giorno (L‘ignoranza è certezza/ Fare i soldi e scappare), la maleducazione che ha preso il posto della solidarietà (Desidero, voglio, pago, pretendo), i luoghi comuni da cui non riusciamo a liberarci (l’Italia è un po’ razzista/ Ma anche stra-democratica).

A seguire Our Love Song ci riporta su sentieri conosciuti e percorsi già esplorati, si parla di Amore, del perdersi nell’altro in una fusione totale di sensi, attraverso un’incontenibile virata rock (Ed ora spegni la luce/ Con la bocca, con le mani/ Naufraghiamo nel sonno/ Non esiste domani/ Ed ora attraversami/ E se conosci le mie mani/ L’impossibile che ci travolge/ Ci rende sovrani).

La vera sorpresa è però rappresentata dalla terza traccia Non esiste altro, che potrebbe essere definita una sorta di risveglio dopo l’Amore, un ritorno alla realtà (E se un giorno ci dovessimo incontrare/ Avremo nuovi mondi da inventare/ Abitiamo l’assenza/ Per amarci e sparire/ E viviamo da sempre/ Per poterci sfiorare). Una vera poesia in musica, affidata ad un duetto inedito e vincente, cullato dalla voce soave di Malika Ayane.

Ma l’Amore ritorna in maniera preponderante, e la carnalità di Our Love Song lascia il passo al sentimento di 27/12, alla meravigliosa sensazione di onnipotenza che l’Amore sa dare (Quando tu sei ad un passo da me/ Io credo ancora all’impossibile).

La chiusura ci riporta al tema cardine di Solo Fiori con Tulipani, in cui la speranza dell’attesa è in grado di cancellare, o quantomeno mitigare, la sofferenza dovuta all’assenza, perché la forza del ritorno è sempre in grado di curare ogni ferita (Io ti aspetterò per sempre).

www.paolobenvegnu.com

TRACKLIST:

01.Italia Pornografica

02. Our Love Song

03. Non Esiste Altro feat. Malika Ayane

04. 27-12

05. Tulipani

Ama il prossimo tuo come te stesso potrebbe sembrare, a primo acchito, una massima che inneggia alla pace e alla serenità.

Ma se ti chiami Manuel Agnelli non è così scontato pensare che l’amore per te stesso sia al primo posto nella scala delle priorità, anzi.

Ed è così che, a 56 anni, esce l’esordio solista di un artista che ha segnato la storia della musica alternativa italiana, prima che diventasse indie e commerciale, plasmando un genere che avrebbe poi influenzato tutta la scena dagli Anni Zero in poi.

Quando ascoltare gli Afterhours significava mettersi davanti allo specchio, senza paura di guardare oltre l’apparenza e venendo a patti con il lato più oscuro e buio di se stessi, “con quello che non c’è”.

Ama il prossimo tuo come te stesso rilancia e rincara la dose, già dalla prima traccia Tra Mille Anni Mille Anni fa, che inizia ad affondare lentamente la lama del coltello che scaverà dieci lunghi solchi (“Farsi del male è splendido/ Perché esser vivi è splendido/ Mi troverai in ogni uomo che vivrai / Non sentirti in colpa se non mi amerai/ Non sentirti strana se non mi amerai”)

Lo spettro della pandemia e dell’isolamento fa capolino in Milano con la peste, probabilmente la stella polare di questo disco, la ballata che scopre le ferite più intime e lascia spazio alla malinconia (“Non ti ho mai lasciato andare veramente/ Non ti ho mai avuto che nella mia mente/ Dimmi che ti sentirò qui addosso/ Dimmi che ti sognerò e fa lo stesso/ Puoi arrenderti, posso dimenticare/ Tanto non sei stata mai, non puoi finire”).

La foto di copertina si accartoccia in preda alle fiamme e la cupezza prende la forma di Proci, dove un moderno Ulisse riscrive le regole della mitologia, rispolverando l’antica legge del taglione (“Tu fa’ quello che puoi/ Se quello che vuoi/ Non è poi sto gran che/ E io lo farò a te”).

Ma l’attualità non si ferma al Covid, e con Severodonetsk prima e Guerra e Pop Corn dopo, ad essere protagonista è il conflitto bellico in Ucraina, attraverso una virata rock che non fa rimpiangere i trascorsi con gli Afterhours (“Si vedrà quando toccherà a noi/ Per ora gira pure nuda e ridi”).

Si amalgamano bene anche i due brani tratti dalla colonna sonora di Diabolik – Pam Pum Pam e la premiata La Profondità degli Abissi in un album che non ha paura di sperimentare, attraverso l’utilizzo di strumenti non convenzionali (coperchi, catene, scatole di cartone, bidoni della spazzatura) al fine di creare un effetto disturbante e coinvolgente al tempo stesso.

La chiusura è affidata alla title track, e Manuel Agnelli in un riecheggiare di sonorità reediane (A Perfect Day su tutte) si chiede “Mi hai perdonato per avermi amato, amore mio?/ Non puoi uccidere chi ti fa vivere”.

https://www.instagram.com/aew.manuelagnelli/

TRACKLIST:

01.Tra Mille Anni Mille Anni Fa

02. Signorina Mani Avanti

03. Proci

04. Milano Con La Peste

05. Lo Sposo Sulla Torta

06. Severodonetsk

07. Guerra E Pop Corn

08. Pam Pum Pam

09. La Profondità Degli Abissi

10. Ama Il Prossimo Tuo Come Te Stesso

Dopo il sorprendente esordio del 2015 con Immobile, arriva in questo 2021 l’atteso secondo album Danza Ferma, uscito lo scorso 8 ottobre per l’etichetta Marte Label.

Dieci le tracce di questo disco, che vede il cantautore friulano alle prese con personaggi e temi variegati, con la stessa caparbia lucidità e schiettezza a cui eravamo abituati.

Già dal crudo singolo d’esordio Senza velo, racconto dal punto di vista di un terrorista suicida, è chiaro che siamo di fronte ad un lavoro in grado di aprire ferite senza curarsi di fornire morali o accampare scuse (“Ho indossato una bomba nell’ombra/ Stringo tritolo in cintura/ Esploda l’onore, l’odio/ L’ira, il terrore”)

Il dolore, la rabbia e la rassegnazione prendono le sembianze di una donna violentata in Muta, (“Non cerco scuse/ Calda devo subire/ Calci e male parole/ Lui mi prenderà/ Come un animale”)la sofferenza e il grido di riscatto ci travolgono in Di Schianto, (C’è più polvere/ Di sabbia tra le unghie/ O soffio di cenere/ Tra i denti?”)con l’incontenibile voglia di raccontare con la stessa credibilità assassini e vittime.

Tanti gli stili che si rincorrono, dal blues al jazz, dal reggae fino al rock travolgente di Pasto Nudo, Gianluca Secco sembra non essere mai sazio di sperimentare, spingendosi verso sonorità noise e vocalità urlate e strazianti.

Non mancano neanche momenti di estremo lirismo, come nell’eterea title track Danza Ferma, (Dipingerò profumi che danzano/ Incanterò gocce di favole”) o nella soave Révolution (La storia è trasparente/ Inchiostri opachi la dipingono/ Ombre arcuate la correggono/ E la divorano).

“Danza ferma”, forse è proprio il titolo del disco la metafora perfetta per sintetizzare questo viaggio poetico e musicale, nel quale ci facciamo accompagnare ed incantare dall’istrionico cantautore.

https://www.facebook.com/GianlucaSeccoMusic

https://www.youtube.com/channel/UCO4CuIqYqctcKxTg8o4LZMw

TRACKLIST:

01. Sangue

02. Danza ferma

03. Di schianto

04. Muta

05. Senza velo

06. La révolution

07. Ottobre

08. Pasto nudo

09. Aria

10. Maestro

Quando Valerio Buchicchio – in arte Buva – ha pensato al titolo del suo disco di certo non avrebbe mai immaginato di trovarsi nel bel mezzo di una pandemia che ci avrebbe costretto a stare in casa, ma la sua, di Quarantena, vuole essere la sintesi di un momento di riflessione, per ritrovarsi con se stessi ad analizzare le proprie emozioni.

Dieci i brani dell’album, secondo classificato nella categoria Miglior Esordio al Premio Tenco, che ci proiettano in un caleidoscopio di sensazioni con la raffinatezza di una scrittura ricercata e d’effetto per un disco che lo stesso cantautore scinde in “brani di amore” e di “non amore”.

Svariati gli argomenti affrontati nel “non amore”, dalla pungente ironia dell’apertura di Le faremo sapere, fotografia perfetta della nostra società tutt’altro che meritocratica e della difficoltà a trovare un lavoro in linea con le aspettative – “Perché credo nella Repubblica italiana e nella sua democrazia/ Niente raccomandazioni/ Niente più clientelismo” – all’omaggio al meridione non solo italico di Sud (menzione speciale a Musica contro le mafie) – “Braccia aperte verso il mondo/ Se mi aiuti non affondo” – fino a Libera, dedicata all’omonima associazione benefica di Don Ciotti – “E ne è valsa talmente la pena/ Che non mi ha fatto paura/ Annegare per te/ Solo chi sogna può cambiarlo questo mondo/ Questa è la sola verità”.

Tanti i brani dedicati al tema amore, partendo dalla delicata Insieme, storia di una passione forse solo sopita ed echi battistiani di cui non ci si stanca mai – “E non è vero quello che si dice/ In giro su di me/ Che ti ho scordato in fretta/ E che non sai perché/ L’amore non svanisce dopo un temporale/ Mi aspetto il sole” – passando per la romantica L’amore è nei particolari“Ci abbracciamo fino a quando/ I nostri cuori non si confondono/ E la tua pelle/ Diventa la mia” – o la divertente e spensierata Amore brasileiro.

Buva attinge con sapienza al meglio della tradizione italiana, il già citato Lucio Battisti, ma anche la sussurrata dolcezza ed ingenuità di Fabio Concato, realizzando un esordio che ci culla tra ricordi ed esperienze in cui è facile perdersi e ritrovarsi.

https://www.facebook.com/buvamusic

TRACKLIST:

01. Le faremo sapere

02. Insieme

03. Un bellissimo giorno

04. L’amore è nei particolari

05. Sud

06. Amore brasileiro

07. Libera

08. Musa come sei

09. Anacronismo

10. A prima vista

I Mortali«La mortalità è la condizione delle creature terrene e dell’uomo.

Credere all’immortalità dell’anima non è cosa da tutti,

la mortalità invece è un concetto oggettivo.

Tutti vediamo i nostri corpi sparire, disintegrarsi, diventare altro.

Ci piaceva l’idea di dedicare un disco a noi mortali, alla nostra banalità ma allo stesso tempo all’infinita unicità del nostro pensiero di umani.

                                                                                         Di fatto “I mortali” è un disco che celebra la vita»

Con queste parole Colapesce e Dimartino ci presentano il loro primo disco insieme, scritto totalmente a quattro mani. Una collaborazione che era nell’aria da tempo per due dei più talentuosi esponenti di quella che può essere senz’altro definita come nuova scuola siciliana, insieme a Nicolò Carnesi e Oratio, solo per citarne alcuni.

I mortali si presenta come un prodotto pop accattivante e coinvolgente, che ti entra in testa già dal primo ascolto.

In apertura troviamo l’ironia de Il prossimo semestre, omaggio a Piero Ciampi in cui si riflette sulla frustrazione del cantautorato moderno e dei suoi luoghi comuni (“Voglio scrivere per Mina/ Trasferisciti a Milano”). View full article »

Dell'odio dell'innocenzaLa genesi del nuovo disco di Paolo Benvegnù è avvolta da un’aura di mistero. Il cantautore afferma infatti di averlo ricevuto nella cassetta della posta, all’interno di un plico a lui indirizzato, contenente, tra l’altro, anche un temperamatite, una fotocopia formato A4 piegata di una fotografia di Clarice Lispector, una confezione di chewing gum gusto spearmint, sette pastelli a cera sminuzzati, una cartina topografica dello Yucatan, ed infine un compact disc. Su quest’ultimo (masterizzato in proprio) una scritta a pennarello: dell’odio dell’innocenza. Sul retro della busta una dedica: “A Noi tre”, e nel cd 11 tracce senza titolo, di cui 10 pezzi chitarra e voce e uno strumentale.

Verità o finzione, Dell’odio dell’innocenza arriva a tre anni di distanza da H3+, ultimo capitolo della Trilogia dell’H dedicata allo studio dell’Uomo (insieme ad Hermann e Earth Hotel) e a quella del Tessuto dedicata all’Educazione Sentimentale (composta da Piccoli fragilissimi film, Le labbra e 500), e si inserisce perfettamente nella prosecuzione di un percorso autoriale di alto spessore, che da sempre caratterizza l’artista. View full article »

SiberiaChe non si esce vivi dagli anni ‘80 ce lo aveva già raccontato Manuel Agnelli, ma con i Siberia sembra davvero di fare un tuffo nella New Wave. Non solo quella inglese, Joy Division e The Cure su tutti, ma anche un pizzico di quel sapore fiorentino che risponde al nome dei Diaframma, ai quali forse – chissà – hanno voluto rendere omaggio scegliendo come nome del gruppo l’omonimo disco seminale del 1984.

Tutti amiamo senza fine, terzo album in studio del gruppo livornese dopo In un sogno è la mia patria (2014) e Si vuole scappare (2018), ha un sound ben preciso e la voglia di raccontare l’amore in tutte le sue sfaccettature: romantico, erotico, sognato, reale, passato, presente. Come afferma il front man Eugenio Sournia infatti “È vero che d’amore se ne parla troppo, ma in maniera troppo superficiale, ambigua, irreale. Noi abbiamo sentito il bisogno di dedicarci un intero concept per poterne parlare in maniera approfondita, dandogli la dignità che merita. Nella società odierna, bombardata da impulsi continuativi di ogni tipo, c’è la tendenza a banalizzare questo soggetto che invece vorremmo far toccare con mano, convinti che esista una propensione irrinunciabile dell’uomo all’amore, da dare e da ricevere, nelle sue più svariate valenze”. View full article »

Milano parla pianoCosa accade quando sei giovane, talentuoso e i tuoi brani in inglese riscuotono un inaspettato e meritato successo, sia nella musica che nel cinema? Un primo disco – Rebirth – in cui li raccogli e poi? Opening di concerti, parliamo di Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, James Blake, mica nomi così. Ma si sa, “il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista”, come ci insegna Caparezza. E allora si alza la posta, e partono le scommesse.

E Marco Zitelli, in arte Wrongonyou, classe 1990, sceglie di scrivere in italiano, eliminando il filtro della lingua e ripartendo dai cantautori, da quelli degli anni ‘60 fino agli artisti dei giorni nostri – su tutti, un richiamo alle sonorità degli Otto Ohm – avvalendosi di penne valorose come Zibba e Alessandro Raina e di produttori all’avanguardia come Durdust, Katoo, Antonio Filippelli e Fausto Cogliati. Un cambio di città, dalla campagna romana all’ombelico del mondo, perlomeno musicale, italiano.

A un anno e mezzo di distanza dall’esordio arriva così Milano parla piano, un deciso cambio di stile e sonorità, a cominciare dal singolo Solo noi due, che ci racconta la quotidianità di una giovane coppia convivente, il desiderio di vedersi, annullando le distanze – “Strano, mi sento un uomo, ma non indosso l’armatura”- passando per Atlante, un ricorso alla mitologia per sottolineare la forza di aver incontrato l’altra metà della mela – “Ed io che mi sentivo solo anche alle feste, ritrovare te mi fa sentire un gigante”. View full article »

La terra sotto i piediRicorre proprio in questo periodo il 25° anniversario dell’uscita di quell’omonimo disco d’esordio, che già lasciava presagire di avere tra le mani un artista che avrebbe lasciato il segno nella musica italiana contemporanea. Un cantautore in grado, come pochi, di unire impegno politico, sensibilità sociale, ironia, poesia e divertimento, e capita spesso di chiedersi chi raccoglierà una simile eredità.

Eredità forse scomoda, ma che al momento rende Daniele Silvestri una di quelle stelle polari in grado di smentire chiunque provi a parlare di mancanza di contenuti ed ispirazione nell’attualità musicale.

La terra sotto i piedi arriva a tre anni di distanza da Acrobati, e ne ribalta già dal titolo la prospettiva, esplicitandone il significato nella canzone-cardine Concime: “Ma servono radici/ Mi serve gravità, la stessa che negavo fino a ieri/ Quando predicavo di essere funamboli sospesi” .

Quattordici le tracce e numerose le tematiche affrontate, in apertura l’ariosa Qualcosa cambia lascia spazio ad un roseo ottimismo circa desideri importanti e forse non così irraggiungibili:Una musica nuova/ Una strada pulita/ L’Europa sognata/ La Siria guarita/ Un popolo onesto/ Le navi nei porti/ La scuola diffusa/ I processi più corti/ Una generazione che corregga la rotta/ La fiducia che torna/ La speranza risorta/ La lingua dei segni/ Spiegata ai bambini/ Noi due che riusciamo davvero a restare vicini”. View full article »